Tristerio e Vanglorio è la peculiare opera di debutto di Francesco Catelani e Federico Fabbri, un fumetto unico nel suo genere che colpisce immediatamente l’occhio del lettore con la sua grafica pop e una scelta di colori dissonanti.
La storia che i due autori vogliono raccontarci parte da un presupposto molto classico, quasi archetipico: il valoroso cavaliere alla ricerca della Fama. Durante tutta la storia gli autori si adoperano per ribaltare tale concetto e l’assunto ad esso legato. Il cavaliere non è più colui che agisce sempre nel bene e per un bene superiore, ma colui che agisce, ponendosi lui come protagonista delle proprie decisioni.
Lo stravolgere e il ribaltare diventano così il perno centrale attorno al quale far girare le avventure dei suoi protagonisti, Tristerio, un anziano cavaliere caduto in disgrazia, e il suo giovane aiutante, un bambino che ancora cerca di vedere la vita attraverso le lenti edulcorate dell’etica cavalleresca.
L’ambientazione cavalleresca viene quindi rappresentata in chiave completamente parodica, grottesca e ‘weird’, tanto da generare nel lettore sensazioni di disturbo e disgusto, anche per la ripetitività con cui le scene forti o dissonanti vengono inserite, apparentemente senza un vero motivo di trama. Il distorto è forse ancora più evidente negli intermezzi di vignette in linguaggio scherzosamente aulico, che ci raccontano invece le avventure di Vanglorio, leggendario cavaliere che tutti gli altri personaggi aspirano a raggiungere. Qui in particolare gli autori insistono a spiegare in modo spesso didascalico tutto ciò che c’è di sbagliato e irrealistico nelle classiche fiabe e racconti cavallereschi e lo fanno nel modo più dissacrante possibile.
Nonostante l’interesse, questo fumetto ha suscitato opinioni molto diverse all’interno del nostro gruppo di lettura, in particolar modo per il suo continuo uso di volgarità, violenza e situazioni grottesche e schifose che da alcuni di noi sono state giudicate eccessive e ridondanti, senza un vero scopo funzionale alla storia.
Ad ogni modo è più che evidente che la volontà degli autori fosse proprio quella di spingere al limite queste caratteristiche, mettendo sul tavolo il ribaltamento di tutti i più comuni stereotipi, puntando forse ad un particolare pubblico di lettori parodici, di stimolare continuamente i lettori alla riflessione sulla dualità delle percezioni, sulla possibilità perenne della doppiezza delle esperienze e delle visioni, proponendo un miscuglio di temi e scelte stilistiche, al fine di arrivare a toccare diversi background culturali.
Quello su cui ci siamo ritrovati tutti d’accordo è che in Tristerio e Vanglorio si vede con chiarezza la volontà di uscire dalla storia a lieto fine, dal trionfo del bene per forza. Molte delle sue trovate grafiche e stilistiche ne fanno un’opera se non altro unica, che ci vuole raccontare cosa sia un eroe e su come siano percepiti e immaginati gli eroi al giorno d’oggi, come questa percezione si è modificata e si sta modificando, ma, soprattutto, se la loro presenza è sentita come una reale ed effettiva necessità nel nostro presente.
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